La storia di Sanremo cela un mistero affascinante legato al suo nome, che suggerisce l’esistenza di un santo patrono chiamato Remo. Tuttavia, nessun santo con questo nome figura nei registri ecclesiastici. In realtà, la città deve il suo nome a San Romolo, vescovo di Genova nel V secolo, la cui vita e le cui gesta sono intrinsecamente legate al tessuto storico e culturale di Sanremo. La confusione nasce dal fatto che, nonostante l’assenza di un santo specifico denominato Remo, il culto e le leggende intorno a San Romolo hanno finito per fondersi con l’identità della città, creando una sorta di legenda metropolitana che perdura fino ai nostri giorni.

La transizione del nome da Civitas Sancti Romuli a Sanremo si è verificata gradualmente, attraverso secoli di evoluzione linguistica e culturale, riflettendo l’influenza del santo sulla comunità locale e la sua venerazione. Nonostante l’inesistenza di un Santo Remo, le storie intrecciate a San Romolo hanno contribuito a forgiare un legame indissolubile tra il santo e la città, arricchendone il patrimonio storico e spirituale. Questa particolare curiosità aggiunge un ulteriore strato di fascino alla già ricca tapezzeria di Sanremo, rendendola non solo una destinazione di bellezza naturale e culturale ma anche un luogo dove la leggenda e la realtà si intrecciano in modo unico.

Nel corso dei secoli, il nome originale di Sanremo, “Civitas Sancti Romuli“, ha subito diverse trasformazioni, evolvendo in “San Remo” e infine consolidandosi ufficialmente come “Sanremo

Vita e leggenda di san Romolo

L’attività del vescovo Romolo nel territorio sanremese si colloca approssimativamente tra il VII° e l’VIII° secolo nell’ambito dei rapporti religiosi intercorrenti tra la sede vescovile di Genova e la Villa Matutiana. Il santo, che visse molti anni sui boschi circostanti il borgo predicando il Vangelo e proseguendo la conversione al cristianesimo della popolazione già avviata dai suoi predecessori, si era recato nella nostra zona probabilmente per salvarsi dalle vessazioni che i Longobardi, di fede ariana, compivano ai danni dei cattolici, o forse anche per alleviare i gravosi impegni che lo tenevano occupato a Genova trasferendosi in una località più isolata e tranquilla.

Secondo un’attendibile ipotesi storica, san Romolo non avrebbe scelto come dimora un posto completamente isolato, ma un luogo sede di una comunità pastorale e agricola, le cui origini risalirebbero all’età romana. Durante la sua permanenza nella terra matuziana, il santo svolse un’intensa attività predicatoria ed evangelizzatrice, recandosi sia nei centri della fascia costiera che nei piccoli villaggi dell’entroterra e compiendo numerosi miracoli.

La leggenda che presto si diffuse intorno a questo personaggio narra che San Romolo difese il villaggio abitato dai matuziani dall’attacco di predoni e pirati, forse gli stessi Saraceni, pregando con le braccia alzate o mettendoli in fuga con la spada brandita. Anche dopo essere stato eletto vescovo di Genova, Romolo si recò più volte a visitare la Villa Matutiana, dove rimase ancora per molto tempo. Nella stessa Bauma dove aveva trascorso tanti anni in preghiera e penitenza, lo colse la morte il 13 ottobre di un anno imprecisato, collocabile tuttavia, non senza qualche incertezza, nella seconda metà del VII° secolo o agli inizi dell’VIII°.

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